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Collana Cisoi
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La diplomazia culturale è stata sempre uno strumento importante della politica estera dell’Italia. La cultura rappresentò una risorsa di rilievo già nel periodo liberale e fu ampiamente utilizzata dal fascismo. Durante il Ventennio, la promozione culturale all’estero servì a diffondere il modello di organizzazione politico-sociale del regime e assunse progressivamente connotati propagandistici.
Nell’immediato secondo dopoguerra, le risorse culturali ebbero un ruolo fondamentale nelle relazioni internazionali dell’Italia e si realizzó il passaggio da un’azione essenzialmente propagandistica, quale fu quella svolta dal fascismo, a una piu attenta alle tematiche del dialogo e della cooperazione. Il soft power della cultura vide crescere la propria importanza. Per la nuova classe dirigente divenne fondamentale la valorizzazione della tradizione culturale del paese, sprovvisto, dopo la sconfitta, di efficaci strumenti diplomatici di natura politica ed economica. Pur con mezzi e personale in parte già utilizzati nel periodo fascista, l’Italia democratica adottò una diplomazia culturale fortemente innovativa quanto a presupposti ideali e finalità, all’apparenza di basso profito e priva di tematiche politiche, ma tesa ad acquisire, nel lungo periodo, l’amicizia e le simpatie degli altri paesi.
Nell’ambito di un piu ampio orientamento politico, volto a privilegiare la diplomazia multilaterale, i governi democratici si mossero sul piano della cooperazione culturale internazionale, estranea alla politica di potenza e all’affermazione unilaterale della cultura italiana, e tuttavia attenta a tutelare gli interessi del paese. La dimensione cooperativa si realizzó soprattutto nella partecipazione all’Unesco e caratterizzò anche la diplomazia culturale bilaterale, costantemente basata sul dialogo e lo scambio reciproco.